Ma di che cosa parliamo? Ce lo spiega il redattore del quotidiano Il Lavoro: «Pare il titolo d’un romanzo alla Montepin, ma non è altro che la designazione di quel multiplo carrozzone elettrico che da piazza Deferrari trasporta a Principe la gente – di quel barile in cui le umane acciughe si pigiano, si pestano e si… derubano.» Siamo a Genova, nel 1920 e da un po’ di tempo sul tram numero 27 è un susseguirsi di borseggi. Scusate, mi correeggo, si tratta di un tram elettrico, questo è il termine giusto che troviamo sempre scritto nel giornale, per distinguerlo da quello trainato da cavalli.
I tre rimedi per porre freno ai borseggi
Il primo rimedio che viene in mente è quello di mettere una guardia sulle piattaforme del tram elettrico; anche l’aumento del numero di carrozzoni che percorrono questa linea potrebbe essere utile, in questo modo l’affollamento, che ora perdura, potrebbe essere eliminato. Altro suggerimento del giornalista è quello di apporre dei cartelloni con su scritto: GUARDATEVI DAI LADRI! In altri paesi europei le scritte ci sono già: Mefieez vous deeees voleurs!, Beware of pickpockets!, Beschutzet euch vor den Dieeben! Ma questi cartelloni dovrebbero essere multilingue perché la maggior parte dei derubati sono stranieri. Infatti l’undici di luglio, sopra il “27”, per esempio, furono borseggiati tre stranieri: un suddito inglese alleggerito di cinquanta lire e di un biglietto di viaggio; a danno di un alsaziano invece un orologio e relativa catena d’oro tutto per la cifra di 1200 lire; per concludere “in bellezza” la giornata anche un brasiliano alleggerito di 250 sterline, due chèques del valore di 10.000 sterline e duemila lire!
Per avere un’idea del valore di acquisto della lira nel 1920, a Genova, una famiglia di media condizione economica, composta da cinque persone (un uomo, una donna, un adolescente e due ragazzi dai 5 ai 10 anni), spendeva al mese per i generi alimentari 563,10 lire.
Si tratta sempre di tre, quattro borseggi al giorno, complice l’affollamento di persone che prendono, tra uno strattone e l’altro, questo tram elettrico. Un percorso importante che va da piazza De Ferrari a Principe e poi ci sono due gallerie da attraversare nell’oscurità che fanno da complici ai borsaioli. Tutte le ore sono buone, di mattino e di pomeriggio. Il Lavoro segnala il problema al Prefetto, al Sindaco e al Questore, ma non viene ascoltato e questo fatto viene sottolineato in un articolo, dove tra l’altro si precisa che i borseggi non sono solo quelli denunciati e poi riportati dalla stampa, ma molti di più. Si tratta di quei derubati che rinunciano alla denuncia perché sanno che non ci guadagneranno altro che la perdita di tempo e occhiate di compatimento.
Inizia lo sciopero dei tram elettrici
La domenica venti giugno scatta lo sciopero dei tramvieri in tutt’Italia, e anche Genova non rimane indietro, anche il 27 non circola, quindi uno stop anche per i borseggi. A seguito della sospensione del servizio tranviario il prefetto, per motivi di ordine pubblico, autorizza i proprietari degli autocarri adibiti al trasporto di merci ad usarli come trasporto di persone. Borsaioli in sciopero? No! Dal tram al camion il passo è breve. Passano un po’ di giorni, giusto per organizzarsi, ed ecco che i borsaioli tornano alla carica, uno dei primi a farne le spese è il sig. Sciolla, di corso Firenze, alleggerito di mille lire mentre viaggiava sul camion sostitutivo del “27”!
Poi, dopo 32 giornate, lo sciopero finisce, i trams elettrici riprendono a circolare, e il 27 continua a rimanere sempre presente sulle pagine dei giornali: “Il pericoloso tram 27”, “Sopra il 27”, “Le guardie sul 27”, “Dai trams ai camions”, “Anche sul camion che sostituisce … il 27”, “Sul minotauro”, “Tre ingenti borseggi sul 27”, Ah, quel “27”.
A fine luglio la Questura decide, finalmente, di mettere le guardie sul “27”. Ad ottobre del 1920, in apertura della terza pagina, troviamo un titolo particolare: “27! 27! 27!”. Un terribile numero afferma il redattore nell’articolo, dove denuncia la brutta fama per questa linea che si ripercuote creando una pubblicità negativa per la nostra città. Ormai i genovesi sanno come comportarsi, non tutti, ma sono i stranieri ad essere colpiti, come le ultime due vittime: un livornese e un americano. Sono comunque sempre i soliti tre punti, già da tempo suggeriti dal giornalista, a dover essere messi in atto: aumento delle vetture, i cartelloni e sopratutto guardie scelte, abili, di sicura moralità, vestite in borghese, su ogni piattaforma.
Contadino, cervello fino
Nel febbraio dell’anno dopo, alle ore 13, in piazza De Ferrari la cronaca riporta l’arresto da parte di tre guardie di un borsaiolo sul “27”, ma nel pomeriggio, sempre sul “27”, un francese viene alleggerito di 6.800 lire. Ad aprile ci pensa un contadino di Tribogna, Giuseppe Casagrande, di anni 64, a cercare di bloccare un borsaiolo, purtroppo il coltello del malvivente lo ferisce a un dito. Vediamo cosa è successo: vettura gremita, come al solito, e allora Giuseppe preme la sua mano sulla giacca, proprio lì dove c’è il portafoglio. Uno scossone del tram elettrico, come al solito; uno spintone, come al solito; poi sotto la galleria del Portello la lama di un coltello punge il contadino. Urla di dolore rimbombano nella galleria, il sangue che sgorga a fiotti, i passeggeri che si spaventano e il borseggiatore, ormai scoperto, salta dal tram in corsa e si dilegua uscendo dalla galleria. Solita denuncia, solite indagini. Giusto per dovere di cronaca, nello stesso pomeriggio, sempre sul “27”, è un olandese a farne le spese. Solita denuncia, solite indagini.
“Il minotauro dei portafogli”
Nell’ottobre del 1922 troviamo il “27” sempre agli onori della cronaca, anche quando i borseggiatori “lavorano” su altre linee, infatti scrivendo di un borseggio, questa volta sul “25”, il redattore titola così la breve: L’emulo del “27”. Sotto questo articolo ne troviamo un altro sullo stesso tema, ma questa volta si tratta proprio del famoso “27” con un titolo del tutto particolare: “Il minotauro dei portafogli”. Già a luglio del 1920, veniva riportato un borseggio dal titolo “Sul minotauro”, facendo appunto riferimento al noto mostro. Così come al mostro si doveva sacrificare esclusivamente giovani vite, similmente per il nostro “27” sono i portafogli a dovere essere, ahimè, sempre sacrificati.
A seguito di queste vicende di cronaca al “27” fu dedicata, nel 1928, una poesia in dialetto genovese, fortunato lui, non certo chi vi viaggiò sopra!
«Vintisaette – o – l’è – o – tranvai.
Dovve chi no sta ‘n – po all’oeuggio,
mette tosto in mezo – ai guai
o – o releuio, o-o portafeuggio.»