Il campo è quello del Genoa Cricket, il referè è il signor Malvano della Juventus di Torino. L’incontro è fra le eterne antagoniste squadre Genoa Cricket ed Andrea Doria.
Sono le 15.10 di domenica 5 marzo 1911 e la partita inizia. Si rivela subito un incontro lento e monotono in specie da parte rosso bleu che sono slegati, fiacchi, inconcludenti, così riporta l’inviato del Lavoro. Ne approfittano i doriani. Insistono tuttavia finché trovano al 15° minuto la porta libera. È Sardi, come al solito, che segna il punto. I rosso bleu non cambiano di una virgola il loro atteggiamento, i bianco bleu più furbi ed attenti tentano tratto tratto penetrare nella rete e ci riescono al 27° minuto per un ottimo tiro traversonale, dal calmo Griffini. Si arriva alla fine del primo tempo.
Il… riposo
I dieci minuti se sono di sosta per i giuocatori sono invece di gran movimento per il pubblico. Qualche frase troppo accesa, qualche giudizio troppo… radicale son le piccole scintille che fanno divampare l’incendio. Ne nascono, dei pigia pigia e, qua e là, dei pugilati fra i più ardenti sostenitori delle due squadre competitrici.
La ripresa
Nulla cambia poi, quando mancano dieci minuti alla fine, i rosso bleu segnano il primo punto alle 16,47 grazie al colpo di testa di Hurni e poco manca non si ottenesse anche il pareggio su un potente shoot di Crocco.
La fine tumultuosa
La gara nel volgere alla fine si tramuta in pugilato sicché il referì è costretto a mettere fuorigioco Ferraris e Leporati. Nasce poi una nuova disputa fra il pubblico e la partita termina fra la massima confusione colla vittoria della Doria. Anche nella cronaca della Stampa sportiva di Torino si evidenzia il dopo partita: Non ricorderemo i pugilati avvenuti fra il pubblico, come accompagnamento alle alternative del giuoco, perché questo… non è argomento sportivo. È roba da P.S…
Carrube, in campo
A seguito della partita il mercoledì successivo Edoardo Pasteur del Genoa invia una lettera al direttore del giornale Il Lavoro:
«Le saremo grati se vorrà pubblicare la presente, che scriviamo non in merito alla nostra partita di foot-ball svoltasi domenica scorsa sul nostro campo contro l’Andrea Doria, che vinse con due punti contro uno, ma per deplorare altamente i molteplici disgustosi incidenti avvenuti in mezzo al nostro pubblico distinto, che onora di sua presenza le nostre gare con un intervento, sempre crescente». […] «Noi non crediamo che i disordini siano stati provocati da grosse scommesse, come affermano diversi giornali, ma bensì invece da male intenzionati, che, confondendo il teppismo collo sport, non hanno ancora imparato, che prima di tutto sulla bandiera dello sport sta scritto “educazione!”. E non fu certo educato e cortese quel signore, che credendosi mascherato da villano, finita la partita, si lanciò nel nostro campo di giuoco col suo canestro di carrube, ciò che in genovese significa seminar botte. Ed i suoi colleghi lo portarono in trionfo».
Il giorno dopo Zaccaria Oberti della Doria risponde, sempre sullo stesso quotidiano, con la sua versione dei fatti:
«L’egregio amico e collega in sport, signor Edoardo Pasteur, ha creduto utile pubblicare una lettera sui giornali per deplorare gli incidenti occorsi domenica scorsa nel campo del “Genoa Club” durante la partita vinta dalla nostra Società. Se colla sua lettera egli ha ha voluto stigmatizzare gli eccessi commessi, senza distinguere però da quale parte siano stati cagionati, io sono consenziente con lui nel deplorarli, convinto come sono che lo sport deve essere fecondo di nobili sentimenti di emulazione e di vita, ed insieme di educazione e di civiltà». […] «Non fu certo un socio della “Doria” quello che, in piena tribuna, in mezzo cioè a quel pubblico distinto che giustamente il sig. Pasteur desidera continui ad onorare colla sua presenza le nostre manifestazioni sportive, si è creduto in diritto di gratificare ripetutamente a squarciagola col lusinghiero titolo di “camorrista” il giudice di campo, colpevole, secondo lui, di favorire la “Doria”, provocando così un primo incidente». […]
In questa lunga risposta, di cui ho riportato solo alcune parti, Oberti spiega la sua versione dell’episodio delle carrube:
«Certo, più ancora di quella della seminazione delle carrube, alla quale si diede tanta importanza, dimenticando che eravamo di carnevale e che si trattava di una mascherotto che ha creduto lecito far dello spirito di maggiore o minore buona lega». […]
Infine il presidente della Doria conclude la sua lettera in modo spiritoso, menzionando nuovamente il legume preferito dai cavalli:
«L’amico Pasteur sa del resto benissimo che, in dieci anni di lotte, la nostra Sociètà ha preso la sua parte di “carrube”… lasci quindi che i nostri giuocatori ed i loro ammiratori gioiscano un po’ della vittoria odierna che invero è anche meritata, dopo tante battaglie serenamente combattute, e tante sconfitte dignitosamente subite».
La polemica sulle colonne del giornale si chiude con la risposta di Pasteur che conclude così:
[…] Ciò che ritengo di poter serenamente e secondo verità affermare è che da parte nostra non si esagerò e non si trascese, poiché, anche a non voler dare soverchia importanza all’accaduto, è indubitato che a dimenticare le leggi della educazione non furono gli ospiti ma coloro, qualunque essi siano, che non si limitarono ad applaudire i vincitori, ma si permisero di berteggiare i vinti. Dopo ciò non mi rimane che da associarmi all’amico Oberti nell’augurare, che nelle future lotte si osservino da tutti quella urbanità e quella cortesia che non vennero meno nel nostro campo.