La Croce Rossa a Genova durante la Grande Guerra

Fig. 1 – Cartina della American Red Cross (ARC) con la dislocazione delle zone/ tipologie operative

Da quando fu istituita, la Croce Rossa seguì sempre gli eserciti sui campi di battaglia prestando il proprio servizio con abnegazione e senso di sacrificio. Alcune sue componenti prestarono la loro opera in appositi centri lontani dal fronte, dislocati in alcune città italiane. Tra queste c’era anche Genova. Della prima guerra mondiale – “La Grande Guerra” – si conoscono le vittorie e le sconfitte ma poco di quello che donne e uomini fecero nelle retrovie. Alle donne e agli uomini che prestarono la loro opera sono dedicate queste righe, soprattutto le donne, che nel periodo dal 1915 al 1918, operarono in tutti gli ambiti lavorativi, anche e soprattutto in quelli che fino ad allora erano di esclusiva competenza degli uomini. La Croce Rossa fu uno di questi.

White Mail

Fig. 2 – Albaro, le tende del convalescenziario inglese dalla “Gazzetta di Genova”

Giunsero nel novembre del 1917. Si trattava di un piccolo reparto di cavalleria che si attendò sotto la villa Bagnarello ad Albaro. Una infermeria da campo per i cavalli, invece fu sistemata nella valletta chiamata “del Parroco”, vicino al mare. In questa valletta di Albaro si potevano vedere le tende rosse montate sui prati e i cavalli di razza scozzese; le motociclette e i camion che correvano su e giù da qui al centro di Genova. La cavalleria poi partì per il fronte, rimasero qui solo i cavalli ammalati, con pochi addetti a prendersi cura di loro. Tra questi cavalli uno si distingueva. Era di manto bianco, gigantesco, molto ammirato dai  bambini genovesi dell’epoca. White Mail era il suo nome. Dopo la battaglia di Mons fu messo a riposo ed adibito alla consegna della posta, da questo il suo nome. I soldati dell’infermeria – volontari provenienti dalla piccola borghesia inglese – quando non erano in servizio, sorseggiavano il the, senza disdegnare un buon bicchiere di vino bianco del posto. C’erano anche le tende dei convalescenziari per i soldati, che trascorrevano, qui vicino al Lido, alcuni giorni di riposo. Un riposo che durava fino a quando la musica del “Bag Piper” li chiamava per ripartire per il fronte.

Fig. 3 – Un’infermiera inglese  dalla “Gazzetta di Genova”

La “Gazzetta di Genova” ci da anche una descrizione dell’operato delle infermiere inglesi, intente a comprare nei negozi della città libri, riviste, fiori per i convalescenti, tutto quello che poteva far sentire i soldati come a casa loro.

Le crocerossine inglesi

Fig. 4 – La tomba di Albert e Emmeline De Thierry
Fig. 5 – La tomba di Bianca White Sella

Nel sito della Croce Rossa del Regno Unito troviamo l’elenco delle crocerossine che operarono a Genova. Oltre alla documentazione relativa all’infermiere inglesi troviamo anche quella sulle crocerossine italiane. Queste erano in maggior parte di nascita aristocratica e borghese. Sono presenti anche i nominativi di alcune donne che facevano parte delle famiglie inglesi, da tempo residenti a Genova, ad esempio la famiglia dei De Thierry con Elisa, Emmeline ed Emma, di quest’ultima la tomba è nel British Cemetery a Staglieno. Prestava la propria opera anche Bianca White Sella che viveva a Villa White in via Parini a S. Francesco d’Albaro, anch’essa sepolta a Staglieno, ma nel campo dei Protestanti.

Le figlie infermiere del fondatore del Genoa
Fig. 6 – L’atto di costituzione del Genoa

Per intrattenere i militari in convalescenza, si organizzarono anche dei concerti. Uno di questi fu organizzato dalla “Church Army” nella sua sala di ristoro in via Ettore Vernazza, il cui direttore era l’ingegnere Charles De Grave Sells. De Grave Sells  fu tra i fondatori, il 7 settembre 1893, del Genoa Cricket and Athletic Club. Sua moglie Mary Anne Minchin, (pure conosciuta come Mary Anna Taliacarne, in quanto sposò in prime nozze Arthur, il figlio del marchese Taliacarne e di Elisabetta Dewar, la cui storia la trovate nel blog di dearmissfletcher) era infermiera così come le loro figlie, Eileen e Zara, tutti residenti in via Ponte Calvi. Dalla documentazione sappiamo che furono impegnate nelle cucine dell’ospedale generale istituito al “Miramare” e che nel periodo natalizio contribuirono al confezionamento dei pacchi regalo.

Le infermiere inglesi a Staglieno

Fig. 7 – La tomba di Hannah Elizabeth Wright
Fig. 8 – La tomba di W. Bailey

A Staglieno ci sono anche le tombe di due crocerossine inglesi. Una era  la staff nurse Hannah Elizabeth Wright, morta tre settimane prima dell’armistizio il 22 ottobre del 1918 di pneumonia. Faceva parte del QAIMNS (Queen Alexandra’s Imperial Military Nursing Service) che operava nel 11° Ospedale Generale britannico. L’altra W. BAILEY invece era una crocerossina volontaria (Voluntary Aid Detachment) della Croce Rossa britannica.

Gli ospedali militari di Genova aperti anche nelle scuole

Fig. 9 – Una fase di scarico di materiale nel magazzino della Croce Rossa Americana

Dai ricordi di una nurse australiana, sorella Selina Lilly (Lil) McKenzie veniamo a sapere che, arrivata a Genova nel novembre del 1917, fu assegnata al 38th Stationary Hospital aperto in una scuola cittadina, dove erano disponibili 520 posti letto (in una relazione, un’altra nurse cita la parola  ”corso Torino” in riferimento a questo ospedale). Il personale e il materiale sanitario di questo ospedale, come quello del 11th General Hospital, provenivano dalla Francia. Invece il 51st Stationary Hospital arrivò a Genova da Malta agli inizi del 1918, qui fu suddiviso in 3 sezioni, una per ricoveri generici, la seconda per gli infettivi e la terza fu collocata alla stazione ferroviaria di Arquata Scrivia. Il Deposito n. 14 di forniture ospedaliere era a Genova già dai primi di dicembre 1917.

Fig. 10 – Selina Lilly (Lil) McKenzie

Nel suo diario, invece una nurse inglese ci racconta con alcuni dettagli in più che l’ospedale principale era al “Miramare” e i due secondari, situati in altrettante scuole. Alla fine del 1917 due erano già operativi l’altro era in fase di completamento. Nel hotel “Miramare” non c’era il riscaldamento e per le sue grandi dimensioni, stare lì non era molto piacevole a causa del freddo. C’erano anche dei bellissimi bagni – aggiunge la nurse – ma non c’era acqua calda. Invece nelle scuole si stava bene perché c’erano delle stufe che erano molto gradite ai ricoverati.

Fig. 11 – I capitani  E.I. Williams e Paul Morphy che gestivano il magazzino e il sistema di spedizione della ARC a Genova
Fig. 12 – Due Dame della ARC a Genova

Più avanti fu istituito un ospedale per gli infettivi e anche un ostello per le sorelle nurse provenienti dal Regno Unito. A luglio del 1918 fu creato un convalescenziario per ufficiali con 68 posti, nel “Kulm Hotel” di Portofino. Per i soldati era situato, come su citato dalla “Gazzetta di Genova”, al Lido di Albaro. La poetessa Matilde Serao, a proposito delle crocerossine, scrisse di una di queste grandi lavoratrici, che prestando la sua opera in un ospedale di Genova, offrì “con puro spirito di sacrificio” la sua pelle, per aiutare un soldato ustionato gravemente.

Fig. 13 – Un articolo del “Lavoro” sull’ospedale delle Dorotee

Come abbiamo letto i militari furono ricoverati anche in ospedali posti in alcune scuole della città, tra queste la “Garaventa” di via S. Giorgio – in questa scuola, oltre che al “Miramare”, fu alloggiata al loro arrivo a Genova, una parte del contingente delle truppe americane (L’imponente Hotel Miramare ci apparve, come…) – la “Da Passano” in via Bobbio e la “Raffaele Lambruschini” di piazza Gallileo Ferraris entrambe a Marassi, la Mameli, la “M.Mazzini-E.Celesia di corso Firenze, la “Gabriello Chiabrera” di salita S. Francesco da Paola e la “Ambrogio Spinola” in via A. Spinola ad Oregina. A fine agosto del 1918, nel ricreatorio Marino Boccanegra di salita Sassi, ci fu un’abbondante raccolta di fichi che gli alunni inviarono ai degenti del vicino ospedale “Ravasco”.

“A noi, tra bende, fosti di carità l’ancella, morte fra noi ti colse, resta fra noi sorella”

Parlando di crocerossine non possiamo dimenticarci di Margherita Kaiser Parodi. Margherita riposa nel memoriale di Redipuglia, la sola donna fra centomila soldati. Decorata con una medaglia di bronzo per essere rimasta al suo posto durante un bombardamento, morì di febbre spagnola a 21 anni.  I suoi nonni materni erano Luigi Orlando, direttore dell’Arsenale di Genova e dell’Ansaldo di Sampierdarena e la genovese Maria Maddalena Parodi.

Fig. 14 – La Crocerossina Margherita Kaiser Parodi

I soldati infermieri

A S. Teodoro in via Venezia nella scuola “Giuseppe Garibaldi”, adibita ad ospedale militare nel 1916 furono ricoverati anche 30 soldati austriaci. Dimessi da codesto ospedale ringraziarono gli italiani per le cure e le attenzioni ricevute. Ovviamente negli ospedali erano presenti anche soldati infermieri, in questo prestava la sua opera lo scultore prof. Tassara che fu anche uno dei “Mille”.  Sempre in questo ospedale un anno dopo fu inaugurato – primo in Italia – un gabinetto fisioterapico per la cura delle lesioni agli arti. Per i mutilati era in funzione l’ospedale presso il locale delle Dorotee in Albaro.

In tempo di guerra sui quotidiani c’erano notizie di malattie, epidemie, di distruzioni, ma ne troviamo anche di quelle liete.

Fig. 15 – “Il Lavoro” del 14 giugno 1916

Tra queste ricordiamo quella che riguarda l’infermiere Albino Dondero di Torriglia, rivenditore di giornali nella vita civile. Lo “ricordiamo” perchè a giugno del 1916 in piena guerra, divenne padre di tre maschietti, che si aggiunsero agli altri 6 suoi figli! Per questa notizia il “ Lavoro” titolava così l’articolo “Date figli alla Patria”.

Oltre agli ospedali sopra descritti c’era l’ospedale militare della Chiappella, il “Tollot”, quello del “Seminario” dove ora c’è la biblioteca Berio, l’ospedale di Nervi, l’ospedale “Ravasco” delle suore, quello della Croce Rossa di corso Galileo Galilei, dove tra i vari gruppi di signore che assistevano i ricoverati, c’è ne era uno chiamato degli “Alleati”, perché vi prestavano la loro opera una signora francese, una americana, una inglese e due italiane. In via Fieschi si trovava “l’Embriaco” ospedale per autolesionisti. Anche il “Palazzo della Meridiana” grazie a Evan Mackenzie fu adibito ad ospedale militare per gli ufficiali italiani.

Le associazioni e i comitati di volontariato

Fig. 16 – “Il Lavoro” del dicembre 1917

Nel “Lavoro” del marzo 1916 leggiamo delle attività della “Pro Patria”, che oltre ad inviare pacchi di indumenti di lana ai soldati al fronte, si occupava anche di segnalare le iniziative benefiche della popolazione genovese. Tra queste le offerte al “Posto di Ristoro ai soldati alla stazione Brignole”. Nell’elenco troviamo la Birreria Monsch che offriva vino, caffè e gazzose; un certo Carlino Pescia regalava 50 bottiglie di Barbera e la raffineria Ligure Lombarda 100 chilogrammi di zucchero. A fine del 1917 fu aperta la sala di convegno per i soldati alleati in via S. Sebastiano, nel palazzo Piuma. Il benvenuto ai soldati fu dato da Albert De Thierry, presidente della “Patriotic League”. Di questa associazione facevano parte Edoardo e Enrico Pasteur, Charles De Grave Sells  e anche Giorgio Davidson che in quel periodo era presidente del Genoa. La tomba di Davidson è a Staglieno in cima alla scalinata del British Cemetery.

Fig. 17 – La tomba di Giorgio Davidson a Staglieno

Il YMCA (Young Men Christian Association) inaugurò ad aprile del 1918 la “Casa dei soldati e marinai alleati” che si trovava sotto i portici dell’Accademia.

I vari comitati – costituiti nel periodo bellico – si dedicavano all’assistenza a favore delle famiglie dei richiamati, dei combattenti, dei feriti, dei prigionieri e dei mutilati di guerra. C’erano oltre la “Pro Patria”, il “Comitato ligure Pro Mutilati”, il “Comitato di Provvedimento”, “La Commissione di assistenza ai prigionieri” e il “Comitato delle Dame dell’Organizzazione Civile”. Un’altra patriottica associazione era la “Dante Alighieri” di vico Carmagnola 7r. C’era infine “Ufficio per le notizie militari alle famiglie dei combattenti” – retto dalla contessa Ifigenia Du Lac Capet – che da maggio 1915 ad aprile 1918 smistò 127.500 lettere in arrivo e ne inoltrò circa 121.214. Questo ufficio aveva un’altra mansione, quella più delicata, partecipare notizie dolorose alle famiglie e restituire oggetti dei loro cari.

vico Carmagnola
Fig. 18 – vico Carmagnola dove c’era la “Dante Alighieri”

Le madrine di guerra

Le madrine di guerra tenevano contatti epistolari con quei soldati che non avevano parenti  o quantomeno, con coloro che non avevano qualcuno che scrivesse loro una lettera. Si occupavano anche di mandare generi di conforto. A Genova, nei primi  mesi di guerra, un gruppo di madrine inviarono a quei poveri soldati al fronte 89.014 lettere. Ottennero 14.559 risposte. Alcune lettere conservate da un nobildonna genovese rivelano che i soldati erano molto grati per le attenzioni e i generi di conforto ricevuti, come indumenti di lana, calze e scaldaranci. A Genova l’associazione “la Madrina del Soldato” della Pro Patria era posta in salita S. Francesco 2.

Fig. 19 – Salita S. Francesco 2, dove c’era “la Madrina del Soldato”

Estate del 1918. Arriva l’American Red Cross (ARC)

Un reparto di meccanici statunitensi – i primi americani ad arrivare in Italia – giunse in treno proveniente dalla Francia. Prepararono il campo base al Lido e scaricarono 10.000 tonnellate di colli dalla S.S. Plymouth, che aveva portato la maggior parte del materiale rotabile e delle forniture. La Croce Rossa americana invece arrivò a Genova poco dopo, il 27 giugno 1918, a seguito delle truppe, a bordo della nave Giuseppe Verdi. La nave della “Transatlantica Italiana” sopranominata dagli statunitensi “Joe Green” trasportò circa 2.000 uomini tra ufficiali e soldati del 332° Reggimento Fanteria.

Fig. 20 – Annuncio pubblicitario della “Transatlantica Italiana”

In attesa di partire per il fronte, alcuni componenti del contingente della USAAS (United States Army Ambulance Service) visitarono la città, mentre la maggioranza preferì bagnarsi nelle acque calde e limpide che si affacciavano sul loro campo, al Lido di Albaro. Le diverse sezioni, in cui era divisa la Croce Rossa americana, erano equipaggiate con vari automezzi; quattro camion, dodici ambulanze e una motocicletta sidecar.

Fig. 21 – Soldati italiani e americani nel cortile di Palazzo Reale a Genova
Fig. 22 – Nel cortile del Palazzo Reale di Genova i camion e le autovetture utilizzate nella distribuzione delle forniture  ospedaliere

Finito di assemblare gli automezzi, dopo quattro settimane dal loro arrivo, partirono per il fronte. Prima di partire il 25 luglio 1918 un ragazzo americano – della sezione 529 del servizio di ambulanze dell’esercito degli Stati Uniti – scrisse a casa “Cara mamma, […] arrivammo a Genova il 27 giugno, la gente ci veniva incontro lanciandoci mazzi di fiori e applaudendoci”. Purtroppo a questo ragazzo, come agli altri suoi commilitoni “altra gente” sarebbe andata loro incontro, però non lanciando mazzi di fiori. Nei resoconti di un componente di una di queste sezione, la 521, nelle pause del loro lavoro che durò due mesi – assemblaggio delle parti meccaniche degli automezzi – possiamo leggere “…andammo in spiaggia, visitammo le magnificenze del Camposanto, il forte del Righi, i palazzi di via Garibaldi e il contrastante squallore della casa natale di Colombo”.

I campi estivi della Croce Rossa americana

Fig. 23 – Bambini nel campo estivo della ARC a Pontasso (Ceranesi)

La Croce Rossa americana organizzò anche dei campi estivi per i bambini dei rifugiati e dei soldati italiani. Dagli archivi di alcune biblioteche americane, ci sono alcune foto che ritraggono quei bambini a Borgo Fornari, Pontasso e a Ponte Organasco. Nella foto 23 vediamo alcune bambine in un momento di svago con copricapi intrecciati con foglie di castagno. Nella didascalia originale della foto 24 viene enfatizzata l’opera della ARC: “I loro padri sono al fronte. Erano denutriti e magri quando la Croce Rossa Americana li prese quest’estate, ma ora guardateli!”.

Fig. 24 – Bambini sorridenti in un centro estivo della ARC

Il giornale americano “Bourbon news” del 16 giugno 1918 riporta che: “Invece di aprire grandi case, la Croce Rossa americana, nel distretto di Genova, sta usando generalmente il sistema cottage, per prendersi cura dei bambini dei rifugiati. Ogni cottage può ospitare 14 bambini e sono stati aperti nelle colline”. Per questi bambini erano momenti felici, anche se lontani dai genitori. Sono nutriti e si divertono come la ragazzina di Pontasso (foto 25) che come scritto nel commento della foto, “Con straordinaria abilità nativa, intrattiene quotidianamente gli altri bambini con le sue rappresentazioni, in special modo con la sua preferita, quella di un’infermiera della “Croce Rossa Americana”.

Fig. 25 – Una bambina imita per gioco una crocerossina americana
Fig. 26 – Bambini nel campo estivo della ARC a Borgo Fornari

Fig. 27- Bambini in un asilo aperto dalla ARC

Fig. 28 – A Ponte Organasco i bambini si divertono con alcuni animali

Gli Australiani

Fig. 29 – Nurse australiane a bordo della nave “Huon”

Nella fotografia n. 29 si vedono tre nurse australiane a bordo della nave “Huon” della HMAS (Her Majestic Australian Ship). Questa nave entrò in collisione con un’altra della stessa nazione, entrambe furono poi riparate nei cantieri a Genova.

Fig. 30 – I fratelli Reginald Claude e Ernest Frederick Browne, sotto J.K. Colton-Stoker marinai della “Huon”

Cinque marinai della “Huon” – due di loro erano fratelli – mentre erano a Genova furono colpiti da una fatale influenza. Si trovano sepolti a Staglieno nel British Cemetery.

Fig. 31 – Le tombe dei 5 marinai australiani a Staglieno

I concerti per le truppe

Nel tempo trascorso a Genova, per tenere alto il morale della truppa, furono organizzati anche alcuni concerti. Famoso tra gli uomini delle ambulanze della Croce Rossa americana era il “Barbershop Quartet”, i cui componenti suonarono anche nel teatro Carlo Felice.

Fig. 32 – Il “Barbershop Quartet”

Abbiamo notizia da un manifestino dell’epoca di un concerto tenutosi all’ospedale Ravasco il 19 febbraio 1918. Fu organizzato dalla “Patriotic League of Britons Overseas”. Non solo musica, ma anche danze, recite e tra gli interpreti figurava il personale del Servizio Infermieristico dell’esercito Australiano. Musica italiana invece fu suonata per i ricoverati inglesi all’ospedale militare “Miramare”.

Fig. 33 – Il manifestino del concerto al “Ravasco Hospital”

Lo sport

La prima domenica di aprile del 1918 fu organizzata anche una partita di calcio sul campo del “Genoa Club” fra le reclute della leva del ’900 del “Spes Foot Ball Club” contro i soldati inglesi R.M.C. dell’ospedale Cristoforo Colombo.

I Punti di ristoro

Fig. 34 – Un interno della mensa nello “Chalet” della Croce Rossa Americana
Fig. 35 – “Il Lavoro” del dicembre 1917

Lungo il tragitto dei treni ospedale, nelle stazione ferroviarie principali, furono istituite delle postazioni per il ristoro e per le medicazioni dei passeggeri. La postazione di Genova nella stazione di Porta Principe era la n. 29, già operativa dal luglio 1915, qui era state collocate anche 200 brande. Il 12 novembre 1917, grazie al comitato di Genova della Croce Rossa Americana, iniziarono i lavori allo “Chalet” della stazione Principe per disporre un punto di ristoro. In breve tempo il 15 dicembre divenne subito operativo.

Fig. 36 – Lo “Chalet” nella stazione Principe
Fig. 37 – Interno dello “Chalet” nella stazione Principe
Fig. 38 – Interno di un locale della ARC a Genova

Bibite calde, brodo e caffè erano servite in questo ristoro per alleviare le fatiche dei profughi del Veneto e per i militari in partenza ed in arrivo dal fronte. Il “Pioneer Express” di aprile 1918 ci da notizia dell’assistenza data dal personale dello “Chalet” della Croce Rossa Americana, a 150 marinai italiani. Dopo essere stati in acqua per cinque ore a causa di un naufragio, furono vestiti e rifocillati con pane e una calda zuppa. La Lega patriottica inglese del presidente Albert De Thierry l’otto febbraio 1918 inaugurava il padiglione inglese alla stazione Brignole, per conto della YMCA.

Le “Cucine popolari municipali”

A proposito di ristoro, non possiamo non menzionare ciò che in quel periodo il comune di Genova fece per le persone meno abbienti. Per loro furono istituite le “Cucine popolari municipali” in diversi punti della città. Ad aprile 1918 erano in totale otto: in via Canevari a Borgo Incrociati, a Staglieno nel locale dei bagni popolari, in salita del Prione, in vico Monachette, in via Venezia, in via della Maddalena, in via della Libertà 27r e nella casermetta dei pompieri di San Fruttuoso. Ogni settimana in questi punti venivano fornite circa 500 minestre al costo di 25 centesimi; oltre al minestrone alla genovese, paste asciutte e risotti.

vico Monachette
Fig. 39 – vico Monachette dove c’era una “cucina popolare”

Dalla documentazione del comune di Genova, allegata al bilancio del periodo di guerra, leggiamo che il latte e le uova per i ricoverati negli ospedali militari genovesi, erano forniti dalla latteria del signor Tassara di Voltri.

La crisi economica dovuta alla guerra, fece si che divenne necessario incrementare la produzione agricola, sfruttando i terreni fin ad allora rimasti incolti. Il Comune richiese ai proprietari dei terreni abbandonati di offrirli alla Commissione, istituita appositamente per il loro sfruttamento. Per due mesi oltre 200 prigionieri di guerra – sotto la guida dei giardinieri del Comune – dissodarono e concimarono i circa 100 mila mq. di terreno a disposizione, trasformando i terreni incolti e i giardini ornamentali in campi di patate, grano e fave.

Fig. 40 – Il posto di soccorso, il punto di ristoro e lo “Chalet” della ARC
Fig. 41 – Il centro antitubercolare della Croce Rossa davanti a Palazzo Ducale
Fig. 42 – L’albero di Natale a Porta Principe

Arrivano gli americani dal fronte e gli austriaci “fuggono”

Leggiamo nel “Lavoro che il 15 febbraio 1919 arrivò, proveniente dalle zone di guerra, uno scaglione dell’esercito USA per ritornare in patria, nello stesso giorno un paio di prigionieri austriaci scapparono dal Forte Castellaccio.

Fig. 43 – L’articolo del “Lavoro” del 16 febbraio 1919

Gli americani della Croce Rossa tornarono in America, partendo dal molo Duca degli Abruzzi e tra questi c’era Ernest Hemingway che partì da Genova nei primi giorni del 1919.

Fig. 44 – Ernest Hemingway su una ambulanza della ARC

Nella foto qui sotto, militi dell’YMCA che distribuiscono scatole regalo (cioccolato, sigarette) ai soldati americani che s’imbarcano a Genova per gli USA. Simili distribuzioni furono fatte anche ai soldati italiani che ritornavano dall’estero.

La partenza delle truppe americane e della Croce Rossa
Fig. 45 – La partenza delle truppe americane

Bibliografia

A., Belzer Women and the Great War: Femininity under Fire in Italy.

<http://www.scarletfinders.co.uk/153.html>; in rete il 10 maggio 2017.

Aldo, Cazzullo, La guerra dei nostri nonni, 2014.

Storia della Croce Rossa Italiana dalla nascita al 1914, Volume 1.

<https://collections.museumvictoria.com.au/articles/3586>; in rete il 10 maggio 2017.

Bilancio Giugno 1915 – Dicembre 1917, Municipio di Genova – Comitato di Organizzazione e di assistenza civile, Genova, 1918.

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