Ogni epoca ha il suo rumore, dai canti notturni del 1801 al “silenzio si circola” del 1935, senza dimenticare quello del ghiaccio, quindi, sfogliando le pagine dei quotidiani genovesi, dall’Ottocento al giorno d’oggi, ho pensato di raccogliere un po’ di rumore che potete sentire qui di seguito.
“Tanti ori, tanti argenti / Ch’eran dentro e nostre Gieze / E che tutti a nostre speise / Eran steti fabbrichè!”
Questa è la prima strofa di un canto – scritto a Genova nella primavera del 1801 da un Apollinegufo (estro apollineo poetico ndr), che troviamo nella Gazzetta Nazionale della Liguria. Si potrebbe pensare che si tratti di una descrizione degli ori e degli argenti di cui sono adornate le Madonne presenti nelle nostre chiese, quindi di una poesia sulle bellezze di Genova. No! Ma per capire bene bisogna continuare nella lettura.
“Prima i cinque, poi i trenta / Tutti unii coi sciuscianta / Se n’an en empìo a pansa / Ma ghe i faemo vomità.”
Come avete potuto leggere si tratta invece di un canto di protesta, rivolto contro il mal governo della Città. Sbarro allarmante di fucili, e di razzi, e si uniscono di notte cantando ad alta voce canzoni, e strofe che turbano la quiete de’ cittadini, così si conclude la notizia. Le strofe che turbano sono quelle del canto che abbiamo appena letto qui sopra, e questo è il motivo dell’arresto di alcuni cantatori notturni, tra cui una femmina recidiva, cantori che si uniscono di notte cantando nelle vie di Genova. Tutto questo scatena subito un proclama del Comitato di Polizia che proibisce, per la durata di sei mesi, sbarri e canti a Genova. Ma non si dice che il mugugno a Genova è libero?
Incominciano a spuntare altri rumori
Quello che disturba il Governo è quel particolare canto, per i cittadini invece è il rumore notturno degli spari e dei canti che indipendentemente dal contenuto di quest’ultimi danno alquanto fastidio. I canti che procurano invece altri arresti sono quelli di settant’anni dopo, che vengono segnalati come canti scandalosi. Dieci anni dopo questi canti scandalosi, in via Portoria, perde la pazienza anche Giobbe, per il fracasso indiavolato: grida, turpiloquio, chitarre, mandolini e voci avvinazzate, il tutto segnalato da alcuni pacifici cittadini. Non sono più solo le grida, il turpiloquio, le chitarre, i mandolini e le voci avvinazzate a recare disturbo, ora a Genova incominciano a spuntare altri rumori, rumori particolari, quelli di una locomobile, anche se nel sottofondo, giusto a segnalare il passaggio epocale, rimangono i rumori delle fruste e degli ohè. “Ieri sera in piazza De Ferrari c’era un frastuono tale che pareva trovarsi in mezzo al Maelstrom.” Cosa succedeva a febbraio del 1882? “In un angolo, la locomobile, che si presta gentilmente a fare la luce elettrica e a fare un baccano singolare; sul terrazzo del ridotto una fanfara che doveva elettrizzare gli elettori perché andasse a farsi vidimare, nelle sale superiori, le domande d’iscrizione nelle liste elettorali. Dinanzi al teatro, il rumore della folla che entrava ed esciva da vedere la bella sala dei veglioni, illuminata con le lampade Siemens; e a far da ottavino c’erano le schioccate di frusta incessanti; e gli ohè dei conduttori di tranvai, e di carrozze, facevano l’accompagnamento. Ho osservato che i cavalli delle vetture di piazza non se ne davano per intesi. Ci sono abituati, alla pazienza!”
Ormai le macchine si uniscono ai vecchi rumori e in via Carlo Alberto spunta quello di una altra macchina, quella che cava il fango nel porto, e a farne le spese, oltre agli abitanti, sono i turisti che alloggiano nei tanti alberghi della via. Basterebbe oliare gli ingranaggi o eliminare le macchine irruginite per dare un po’ di sollievo a tutti, visto che in questo posto hanno anche la disgrazia di non vedere il mare a causa dell’enorme terrazzo di marmo che sta di fronte a loro. In via Kassala c’è un fischio disturbatore, ma non si tratta di una particolare specie di uccello, ma di qualcosa di particolare fastidioso. Qui c’è un stabilimento, per la precisione una segheria, e non sono le macchine a disturbare ma un rumore che avviene in orari ben precisi. Nella segheria lavorano una mezza dozzina di operai e per quattro volte la giorno entrano ed escono da essa e vengono avvisati dal fischio di una sirena. È il caso che sia necessario avvisarli con un fischio lancinante, si chiedono gli abitanti del circondario?, e i latrati continui del cane danese del proprietario della segheria completano l’opera! Passano diciotto anni dal rumore in via Carlo Alberto e le macchine continuano sempre a farsi sentire, soprattutto la ribattitura dei bulloni è quella che fa più rumore, ma non mancano i rumori di motori, delle gru e dei forni. È il Cantiere della Foce sotto accusa da parte degli abitanti di via Cravero, di piazza del Popolo e della zone limitrofe. Di giorno, anche per amor patrio, si può chiudere un occhio, ops, un orecchio, ma di notte no! Anche noi siamo dei lavoratori che al mattino presto dobbiamo essere in piedi, freschi e riposati!
Organetti, fanfare militari e pianoforti
“Sono proibiti e allora perché in galleria Mazzini gli organetti torturano le orecchie degli abitanti?” Fanno la reclame alle donne giganti ed altri oggetti di curiosità? si chiedono gli abitanti della Galleria. I suonatori ambulanti girano per tutta la città, ma un’altra lamentela arriva da vico Spada dove non abita soltanto gente che ballerebbe, come “Musette”, sera e mattina, ma ci sono anche famiglie di operai e di ammalati. Le guardie del “bacco” dovrebbero esercitare una migliore sorveglianza chiede il lettore del 1908. In altre zone di Genova ci sono altri timpani rotti, ce lo dice una madre di famiglia che si lamenta del suono delle fanfare militari che al mattino, dalle quattro alle sei, passando per la città, interrompono il sonno dei suoi bambini. Un anno dopo a disturbare la valle di Sant’Ugo è lo squillo di una tromba, sempre alla mattina presto per comandare le esercitazioni, un’altra invece squilla nelle vicinanze delle mura di Santa Chiara, dalle cinque alle nove.
Siete mai stati in piazza Pinelli? È una piazza del centro storico su cui si affacciano alcuni palazzi antichi, uno di questi è famoso per le splendide maioliche al suo interno. Ma in questa case ci sono anche molti pianoforti, di tutti i tipi, compresi quelli a coda, le cui note si prolungano un tantin di troppo alla sera. Uno di quei piano in specie, credilo, secca molto forte, ci spiega il lettore del Caffaro che aggiunge: le sue dieci o dodici note, sempre le stesse, non cambiano d’un jota, sicché sembra averne la privativa. Certamente in una piccola piazza un pianoforte risuona in modo particolare, poi se ce ne sono altri a darli corda allora è proprio un bel concertino. Ma se ci spostiamo nel quartiere di Carignano, facendo un balzo di 32 anni in avanti, capitiamo in salita S. Maria in via Lata dove, oltre agli organetti, alle chitarre e ai mandolini, che giù dalla strada rompono i timpani, ritroviamo anche qui un pianoforte che fa il suo concerto: dalle 7 di mattina fino a sera inoltrata!
Dai sgolamenti delle pescivendole alle grida oscene e sconce
Il proprietario di uno scagno in via San Luca, con le finestre sulla piazzetta degli Orti di Banchi, si lamenta per il continuo abbaiare e strimpellare, che fanno da mano a sera, certi girovaghi cantanti, suonatori, ormai divenuti più comuni delle mosche […] ti rendono per la loro insistenza veramente idrofobo. Altri schiamazzatori, questa volta solo notturni, cantano e suonano in via San Bernardo e in vico del Fico. Canti di diversa matura invece li sentiamo in via Roma, verso le tre antimeridiane di giovedì 16 maggio 1889, e questa volta ad essere multate per le loro voci canterine, e per schiamazzi notturni sono cinque signorine: Maria, Giacinta, Irene, Tomasina e Celestina. Ma perché Piazza Fossatello è un centro così fonico e tanto poco eufonico? Se lo chiedono i poveri abitanti del posto, perché in questo crocevia – dove confluiscono via S. Luca, via Lomellini e via del Campo – è sempre pieno di carri. Questo assembramento di carri comporta un disturbo per le orecchie: tintinnio di sonagli, ragli di quadrupedi, vocio di conduttori e schioccamento di fruste. Poi ci sono pure i venditori ambulanti che decantano a squarciagola la loro mercanzia, le sonnambule che si fermano a predire la buona ventura ai credenzoni e le pescivendole che si sgolano ogni minuto per annunciare ai passanti la qualità e la freschezza della loro esposizione ittiologica: «Ancioûe, done, ancioûe». Insomma un gran… rumore. Nel centro storico c’è un vicolo il cui nome parrebbe indicare che ci si trova in una zona abitata da persone tranquille, parliamo di vico Angeli. Non è così, infatti al n. 2 ci sono due coniugi che litigando si palleggiano i più atroci improperi, i vicini, a mezzo del giornale Il Lavoro, chiedono provvedimenti dalle competenti autorità. Chi abita in via Macelli di Soziglia invece deve stare solo zitto, perché se cerca di far zittire i disturbatori del posto, le frasi ingiuriose che escono dalle loro bocche si moltiplicano all’infinito. Si tratta di grida oscene e sconce, un frasario da trivio che un padre di famiglia non vorrebbe far sentire ai propri figli. Le nappine azzurre non si vedono nella via!
Il rumore del ghiaccio
Siamo andati a vedere, anzi a sentire, se quanto ci ha riferito la rappresentanza di cittadini, che è venuta nei nostri uffici, sia effettivamente vero. Così scrive Il Lavoro per il rumore assordante e continuo di una fabbrica di ghiaccio. In via Maddaloni, vico Pareto, via Rivale e in via Barabino c’è un rumore insopportabile causato dalle macchine di questa fabbrica di ghiaccio, sita proprio in mezzo a queste vie della Foce. Cosa ancora più pesante ora, che siamo a metà luglio, e che con il caldo opprimente si dovrebbe tenere aperte le finestre. Oltre a questa fabbrica – che fra l’altro incomincia a produrre dalle sei del mattino fino alle 22 – si aggiunge una officina meccanica, che oltre al rumore, rilascia nell’aria anche la polvere del carbone dei suoi forni. Già un anno prima gli abitanti del Suburbio avevano segnalato il problema, ma le autorità allora non si mossero. Che sia ora la volta buona? A settembre scrivono ancora gli abitanti di via della Libertà per lo stesso problema, ma in questa zona non c’è solo questa fabbrica di ghiaccio a creare disturbo. Al sabato, dalle osterie vicine, escono urli e strepiti; alcuni ragazzacci infastidiscono i viandanti; i rivenditori di frutta, fracida e malsana, ci mettono del proprio; infine c’è un vociare femminile, accompagnato da strilli di bambini a causa di alcuni garzoni, alquanto villani, che per riempire le loro damigiane di acqua dai pozzi artesiani, impediscono a queste donne e ai loro bambini di prendere anche loro un po’ d’acqua. Insomma l’acqua, sia sotto forma di ghiaccio sia al naturale fa produrre rumore!
Il ghiaccio e i due Parodi
Siamo a Genova e Parodi è un cognome che troviamo spesso menzionato, ma in questa vicenda ne spuntano due. Un certo signor Parodi, due anni dopo le prime proteste sul ghiaccio rumoroso, segnala, sempre sul “Il Lavoro”, lo stesso inconveniente: il rumore del ghiaccio. Ma non è tutto aggiunge anche la paura per le forti detonazioni e il tremolio che si sente nel palazzo, nei cui fondi è appunto situata la fabbrica di ghiaccio. Non passa neanche un anno che un altro assiduo scrive al giornale, ringraziando perché dopo l’ultimo articolo, almeno alla sera calò il silenzio. Una tranquillità durata poco, perché da pochi giorni “è incominciato il lavoro di notte” – aggiunge desolato. Ma il municipio perché non interviene una volta per tutte a risolvere la questione della fabbrica al nove di via Maddaloni? Forse – ipotizza l’assiduo – perché questa fabbrica è condotta dal fratello dell’Assessore Parodi? Per la cronaca si può aggiungere che alla Foce nel 1912 risultavamo diverse fabbriche di ghiaccio: “La Ligure” in via Rivale, “La Frigorifera” di piazza S. Zita, 1 e di via Francesco Ferruccio e infine la fabbrica incriminata, la S.A.G.G.I.A. (Società Anonima Genovese Ghiaccio Industrie Affini), sita in via Maddaloni 7. Quest’ultima cambiò in seguito ragione sociale in “Soc. An. Stabilimento Fabbrica Ghiaccio.
Diventa turco… chi è cristiano
Diventa turco… chi è cristiano, questa affermazione arriva dagli scocciati della Foce per il rumore delle campane, almeno Le suonino a ore debite!, chiedono speranzosi. Dalle minacce di abiura alla Foce si passa alle imprecazioni sampierdarenesi per le campane di San Gaetano, che dalle 4 del mattino scaraventano sulla città una grandinata di note più o meno… Belliniane. Il risultato è che ad ogni nota corrisponde un sacrato all’indirizzo del povero Quasimodo! Si ritorna alla Foce per sentire le campane di Santa Zita che non rimangono certo indietro per quanto riguarda i scampanii, ma per chi abita nelle sue vicinanze si aggiungono anche i latrati e i lamenti del cane dell’osteria della Stella Polare. Queste sono alcune delle segnalazioni giunte al giornale dal 1904 fino al 1913 con le campane della Consolazione, di S. Stefano e di Santa Caterina che si aggiungono così alla lista delle precedenti lamentele.
Dalle minacce fisiche ai nove che sembrano zeri
Ieri sera proprio le volevamo suonare al povero campanaro… Menomale che alcune persone intervennero per salvare il campanaro, lui d’altronde segue gli ordini del parroco. Sono gli amici di piazza Alimonda che si sfogano con il cronista per segnalare che le inquiete campane della chiesa dell’Angelo non fanno che sbatacchiare dalle ore 4½ del mattino sino alle 8, e dall’una alle 20 ½. Un assiduo invece segnala, punto per punto, da bravo ragioniere, le sue argomentazioni in merito alle solite campane: “Chiunque faccia lavori di contabilità non deve venire disturbato da cosa alcuna, né tampoco dal suono delle campane le cui vibrazioni, oltre percuotere dolorosamente i timpani recano sussulti alla mano tali da farle scrivere dei nove che sembrano zeri e dei sette che sembrano quattro. Orbene oggi, il famigerato campanaro di una delle chiese site in via Fontane, si mise a m…uovere il b…atacchio con foga tale che non si sarebbe certo frenato senza il sopraggiungere della stanchezza, e l’oretta di durata del sullodato scampanamento si sarebbe certamente protratta per chissà quanto, con qual delizia potrai immaginare delle orecchie del prossimo. Mi rivolgo a te, caro Lavoro, perché tu voglia procurarmi un apparecchio anticampanisontimpanologico e con ciò ti saluto ringraziandoti per la pubblicazione. Un assiduo.”
Ecco le classifiche
Un povero professionista, abitante in corso Magenta, ha la sfortuna di avere le finestre che si affacciano su salita S. Maria della Sanità. Lì, in cima alla salita c’è una chiesa e relativo convento, e ovviamente le campane. Suonano fin dalle cinque del mattino e il frenetico scampanio dura un buon quarto d’ora, e se qualcuno non l’avesse sentito, nessun problema, una ventina di minuti dopo la tortura riprende. 26 lug 1916 Comunque deve ritenersi fortunato, questo secondo Paolino (un altro lettore del Lavoro), che tre giorni dopo afferma di essere lui il più sfortunato. A prova di quanto afferma aggiunge che oltre al solito scampanio assordante, lui “beneficia” di un concerto completo, con diverse arie, e relativi butti. Insomma una gara a chi più soffre! 1916 lug 29 Conclude che qualche tocco basti ad avvertire chi vuole andare che la bottega… pardon, la chiesa è stata aperta. Un altro lettore, che di campane deve averne sentite parecchie, sentenzia che il campanaro della chiesa di S Pietro della Foce è senza dubbio il più seccante di tutta Genova ed è assolutamente privo della misura. Aggiunge inoltre che nelle vicinanze c’è l’ospedale delle Dorotee dove ci sono dei militari feriti che devono purtroppo sopportare le campane per ore intere. Allora viene spontaneo stilare una classifica; chi è il peggior nemico della quiete e dell’umanità? Il parroco della chiesa di S. Giacomo in Carignano. Questa sarebbe la risposta che vi darebbe il lettore di via Nino Bixio al n.6. Racconta che il parroco assoldò una mezza dozzina di monelli per fare loro suonare quelle quattro sconquassate campane della sua chiesa. Da S. Rocco di Vernazza arriva una ulteriore protesta: “Meno fracasso perdio! Con quelle scordate, cigolanti, stridenti campane che, mandano certe note pazze da somigliare a latte di petrolio battute da ragazzacci ubriachi.” Qui il campanaro, in questa classifica sonora, è sicuramente il più mattutino di tutti gli altri, già alle 3,30 fa cominciare il fracasso e neanche i funerali lo frenano, da quanto scampana tanto a agonia! Probabilmente le campane della Foce si facevano sentire più di tutte, a tal punto che già nel 1904 fu composta una poesia su di loro.
E Campann-e – I abitanti da Foxe se lamentan / do noioso e continuo scampanio / che o pe un santo, o pe l’atro sempre sentan / picca e dalli, zù allon! n’han mai finio! / Lo mugugnan, tarrocan, s’assimentan / che a l’è proprio una vera ira de Dio / se veuan sunna che veddan in scio Prou / e che seunnan magara a perdiscion!…
Per chi suona la campana?
Dal rumor fuggi…
Nel novembre del 1943 le campane erano pronte a suonare, questa volta il rumore era utile, infatti era stato predisposto, dal comitato Provinciale della Protezione Antiarea, che anche loro suonassero in caso di allarme, così da poter fuggire a ripararsi nel rifugio più vicino.
Il rumore degli animali e delle Belve umane
In via Ugo Foscolo si danno convegno tutti i carri della spazzatura, una puzza incredibile per i poveri nasi degli abitanti. Ma nell’ora di questo convegno, dall’una alle quattro del mattino, oltre all’olfatto anche l’udito è a farne le spese; infatti non mancano i turpiloqui e i litigi dei carrettieri a cui si aggiungono anche i ragli dei loro asini e muli. Sono due notti e tre giorni che si sentono provenire dalla stazione di Brignole i lamenti dei vitelli chiusi nei vagoni ferroviari: probabilmente hanno sete. La denuncia viene dagli abitanti delle testate di via Caffa, via Casaregis, via Armenia e corso Torino. Invece gli abitanti di vico Ebrei, e precisamente quelli che abitano sull’angolo di vico Untoria, denunciano quello che fanno alcun belve umane, che di notte, disturbano coloro che riposano. In vico Luigi Pareto, c’è una latteria svizzera, un cortile e una vittima. C’è stato forse un delitto in questo vico della Foce? Veniamo ai fatti. Il proprietario di questa latteria svizzera, probabilmente per tutelarsi da visite sgradite, aveva pensato di mettere nel cortile della sua latteria un intero zoo: oche, capre, cani, galli, galline. Potete immaginate le conseguenze: tutta la notte è un continuo starnazzare, belare, abbaiare, cantare e miagolare. Non si riesce a dormire e per questo un abitante si lamenta, scrive al giornale e si firma: Una vittima.
Non c’è tranquillità neanche negli ospedali
Neppure i degenti dello spedale di Pammatone si salvano dalle urla e dai schiamazzi notturni. Così segnala un parente di un ricoverato in chirurgia con le finestre della stanza sopra a un vicolo. In via San Nazaro invece stazionano dei organetti che con il loro suono non deliziano certo i ricoverati degli ospedali militari che qui hanno sede. In Salita San Francesco da Paola, al n. 12, c’è una bettola dove un organo fatto suonare nei giorni festivi, con l’ausilio di un motorino elettrico, crea disturbo ai soldati convalescenti nel vicino locale delle scuole Chiabrera e agli ammalati dell’ospedale dei Missionari. In via Luca Cambiaso, nei rari momenti di quiete notturna, si sentono i forti lamenti di un povero soldato, ma non è questo che da’ fastidio, ma è la gazzarra che proviene dalla strada vicina. Il rispetto dovuto verso i soldati, che tornano a Genova malati o feriti, sembra non esistere in via Galileo Galilei. Ma è possibile che non c’è nessuno che si curi di far smettere l’assordante rumore in questa via dove c’è l’ospedale della Croce Rossa. Per tutto il giorno un continuo rumore di carri con squillanti sonagliere, schiocchi di fruste, stridi di seghe meccaniche e infine, quando si potrebbe quietare, ci pensano dei cantanti, colle loro voci somaritonali, accompagnati dall’abbaiare dei cani, a finire la giornata con un bel concerto serale.
Frasaccie in tutti i dialetti
Frasaccie d’ogni genere, accompagnate anche da turpi gesti, escono dalle bocche dei soldati di fanteria in prossimità di via Galeazzo Alessi, ed essendo dei militari che provengono da diverse regioni d’Italia si possono sentire gridate in vari dialetti. Un turpiloquio veramente indegno!
I rumori di una orizzontale
Probabilmente le guardie sono affaccendate in altre faccende, come al solito… afferma un lettore adirato dalla situazione che c’è in via S. Donato: alla mattina c’è il vociare delle fruttivendole, invece alla notte, in specie al sabato e nei giorni festivi di questo caldo agosto, si sentono canti, urla e parolacce di avvinazzati e di donnine allegre che si fermano anche nelle piazze Ferretto ed Erbe. Neanche un minuto di pace! La situazione in vico Santa Fede non è molto diversa, da mezzogiorno fino all’alba, stazionano diversi insaziabili bevitori che accompagnano le loro bevute con urla, quasi sempre allegre, ma accompagnate anche da un fastidioso turpiloquio. Ma in particolare il lettore segnala le urla che provengono dal numero 2 del primo piano, a sinistra di detto vicolo. Qui ci abita una orizzontale. Finito di aver compiuto il suo mestiere, tutte le notti si ubriaca, e con voce tremula per il vino e per la lussuria comincia ad elencare le cose più oscene che immaginare si possano da mente depravata. Passa una settimana e un altro abitante di detto vico si sfoga anche lui: la donnina allegra del numero 2, continua tranquillamente, tutte le notti ad ubriacarsi e a vomitare ingiurie e sconcezze ad edificazione della gente per bene. Colle lagrime agli occhi scrivo. Così finisce la lettera scritta da F.B. nel luglio del 1916 lamentandosi dei piani a cilindro, che tutti i santi giorni, suonano in modo continuo in via Tolemaide. I brutti figuri che utilizzano questi strumenti, questuano per dare sfogo a più prostitute che quivi abitano, senza pensare che in questa via abitano anche famiglie i cui figli sono al fronte. Anche in via Nino Bixio ci sono organetti che deliziano gli abitanti, segnala un assiduo; anche canti, armoniche, chitarre, violini e mandolini, tutti provenienti dalla via Ginevrina dove gli stessi deliziano anche quelle “signore” che abitano in via Tolemaide. Chi abita ai primi piani, oltre al disturbo, deve subire, se per caso si affaccia dalla finestra, anche le insistenze di questi girovaghi che chiedono loro dei soldi. Chi invece ha la disgrazia di avere le finestre in vico del Filo n. 11 assiste a cose scandalose, schiamazzi e liti durante la notte. Cent’anni fa, esattamente il 23 maggio del 2024, nei vicoli di Portoria si assiste a un fuggi fuggi di donnine nottambule. C’è infatti in giro il pattuglione della squadra del buon costume, chiamato da quelli di Pammatone. Alcune donnine allegre litigavano, urlando a squarciagola, un tale baccano da svegliare i ricoverati del reparto di chirurgia
I balli dei ricchi
A Pegli c’è il divieto di canto, suono e danza, ma il divieto è solo per i poveri cristi, perché i ricchi possono ballare, dalle 13 alle 17 e dalle 20 alle 24, al cinema teatro di via Doria. (oggi via Sabotino) Passando lì vicino tante povere madri imprecano a questa pubblica esibizione di letizia (il pianoforte si sente al giorno e alla sera), poverine queste donne, pensano ai figli che al fronte ballano in modo certo più nobile, ma diverso. Cerea. Non si dice di mandarli a carte quarantanove, scrivono gli abitanti di corso Magenta e di corso Paganini, ma quanto meno moderino le poco intonate note dei loro organetti. Vivi, ma lascia vivere. Chi ha inviato questa segnalazione o il tipografo che l’ha scritta è incappato però in un errore. Non è “a carte quarantanove” ma “a carte quarantotto” come si legge nel dizionario Trecani: “Frequente l’espressione fig. mandare a carte quarantotto qualcosa, mandare all’aria, scombinare, far fallire (quel pazzo ha mandato a carte q. il nostro piano), o, meno com., riferito a persona, mandarla al diavolo”.
Giochi rumorosi
“Due, tre, sette, tutta” questo urlano i giuocatori di morra fino all’alba in salita della Cuccagna. Qui è proprio una cuccagna per alcuni bordelloni, e noi operai come possiamo dormire tranquilli? Una domanda che ricorre spesso a conclusione di questi articoli rumorosi.
«E rooe, e rooe,» è quello che invece urlano a gran voce i ragazzi, alcuni sono ancora bambini, tanto giovani da non arrivare al bancone del lotto. A Banchi, a Prè, sembra che giochino a chi lo dice più forte; sta streppa de sbraggioin sono anche in Soziglia e a De Ferrari. Ci sono anche quelli che si litigano fra di loro per contendersi il posto migliore per vendere la propria mercanzia. Più in là una signora anziana urla, ma sono urla di gioia, urla tre numeri: «trei, seze, vintidui, terno secco.» È un aspetto folcloristico della nostra città, tanto che nel 1928 viene dedicata, sempre sul Lavoro, una poesia in dialetto, una attenta spiegazione su come si svolgeva questa vendita del bollettino del lotto a Genova. Poi nel luglio del 1932 arriva una lettera di un lettore che fa scatenare a Genova, nei giorni seguenti, una bagarre. Si tratta di una lettera pubblicata, come tante altre, nella rubrica “La parola del Pubblico”; sono segnalazioni, suggerimenti, mugugni inviati giornalmente dai lettori al quotidiano Il Lavoro. Nella settimana successiva alla sua pubblicazione infatti arrivano tantissime lettere di protesta. Sono cittadini indignati di quello che “quel lettore” ha scritto a proposito dei venditori del bollettino delle ruote: stiamo parlando delle ruote del gioco del lotto. Il giornale ne condivide le proteste, tanto da fare un articolo e metterlo in prima pagina, un articolo su due colonne che prosegue anche in seconda pagina. “Quel lettore” leggermente misantropo, nella sua lettera, ha chiesto al Municipio di porre freno alle grida dei strillatori ambulanti che vendono il bollettino del Lotto, e oltre al fastidio del rumore arrecato aggiunge anche dell’altro… un vero insulto. Indecorosi, questa è la parola che fa scatenare i lettori del giornale. “Quel lettore”, scrive il redattore, fa parte di una setta di seccatori, di quaccheri malinconici, che trova “indecorosi” i fuochi di artificio, “indecorose” le bancarelle di Natale in Piazza Nuova e “indecorosi” i ragazzi che la sera del sabato strillano i numeri del lotto. Allora non è piuttosto uno spettacolo “indecoroso” la “marcia della fame” attorno alla “Casa Bianca”?, quella moltitudine di persone in miseria che vivono in un paese ricchissimo, invece che reputare “indecorosi” i nostri ragazzi delle ruote? si chiede l’autore dell’articolo. In vico Vegetti ci sono diverse tipografie che stampano le roeue e davanti a queste ci sono frotte di ragazzi che attendono di prendere le copie da vendere. È un commercio, e i ragazzini lo fanno per ansia di lucro… Il loro, è una di quelli che in dialetto si chiamano “buschi”, un arrotondamento, molto opportuno, delle loro entrate personali conclude Giovanni Ansaldo, il famoso articolista del Lavoro che in questo articolo si firma con un suo pseudonimo: una piccola stella nera.
La “Settimana Silenziosa”
Caro LAVORO, c’è da sentirsi accapponare la pelle a leggere nelle riviste scientifiche la descrizione dei danni che producano all’organismo umano, […] gli intollerabili rumori delle strade cittadine. Così scrive un lettore nel 1930 specificando che ci sono alcuni punti della città dove ormai è impossibile vivere. Specialmente le case d’angolo! D’estate poi non parliamo, non si possono tenere le finestre aperte. I traballanti carrozzoni tranviari, i loro stessi bracci che strisciano sul filo elettrico, i klakson delle auto e dei camion sono i colpevoli del rumore assordante che ti penetra fin nei precordii. Bisogna però avere un po’ di pazienza per avere almeno una settimana tranquilla.
Siamo verso la fine del 1934 e intanto il traffico aumenta e così anche le autovetture, ma è la scarsa osservanza delle norme della circolazione e soprattutto il rumore che preoccupano i cittadini genovesi. Segnali acustici usati oltre misura, mezzi meccanici mal mantenuti producono, tutti insieme, un rumore tale che la R.A.C.I. genovese, organizza insieme con il Comune la “Settimana del silenzio”. Per questo evento viene richiesta la collaborazione di tutti: automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni. Però sorge un problema, e sì, c’è un però in questa osservanza del rumore stradale. Le multe per chi suona il clacksons a dismisura sono un giusto rimedio, ma quanti automobilisti, per avvisare un pedone distratto, non daranno più il solito colpetto di clacksons come avvertimento, per la paura di prendere una multa? Bisogna migliorare e aumentare gli attraversamenti pedonali, gestire meglio i semafori e costruire più sottopassaggi sono queste alcune delle soluzioni proposte. Ma a fronte di questa iniziativa contro il rumore si scatenano innumerevoli segnalazioni di altri rumori. Le multe non devono essere indirizzate solo alle quattro e due ruote, ci sono infatti le ruote dei tranvai a far rumore nelle curve; per non parlare delle sataniche autobotti della Nettezza Urbana, ammasso di terremotante ferraglia con annesse mancine per lo scarico dei pozzetti.
E che dire degli autotreni con lo scappamento retrospettivo, con relativo scoppio. È necessario dotare di una marmitta “silenziatrice” le motociclette, tambureggianti mitragliatrici, che squassano le strade a vorticose velocità. Ma questo non basta. Bisogna ridurre anche il rumore delle scatole rompitesta del prossimo (n.d.r. le radio), le campane delle chiese devono essere fornite di una imbottitura del batacchio e poi i tappeti, nati per attutire lo scalpiccio dei piedi, non devono battuti per ore e ore. Più facile è il sistema per ridurre il suono fatto dai pianoforti: togliere la seconda parte dello strumento (forte). (Chissà cosa ne pensano di questa soluzione quelli di piazza Pinelli…) e poi, infine, sostituire la bocca delle pescivendole con quella della balena. Nei giornali si ricordano le norme della circolazione per gli autoveicoli tali da evitare per quanto possibile di usare i clacksons, anche ai pedoni viene ricordata l’osservanza delle regole, di come camminare sui marciapiedi e di come attraversare la strada: nei punti delimitati da strisce o chiodi, e soprattutto non diagonalmente o peggio leggendo il giornale o altro (oggigiorno sono i cellulari a sostituire i giornali, anche perché di giornali oramai se ne legge pochi!) Il 14 gennaio iniziò la “Settimana Silenziosa” e tutta Genova fu tappezzata di manifesti murali, striscioni e volantini, gli assembramenti vietati sui marciapiedi, in questa occasione, furono notati davanti alla “grida” del Municipio che annunciavano l’evento. Sul giornale si lesse poi una boutade facile, e banale: La iniziata campagna contro il silenzio ha fatto molto… rumore.
Arriviamo ai giorni d’oggi, e qui di seguito riporto uno stralcio dell’articolo del quotidiano “La Repubblica” del 16 aprile 2024.
Da corso Europa a lungomare Canepa le strade più rumorose
“Strade, autostrade e ferrovie: rumore. Sono 43.143 i genovesi che soffrono di un fastidio forte dovuto al rumore e 18.617 che hanno disturbi gravi del sonno. Complessivamente, oltre 200 mila persone in 13500 palazzi, più di un terzo dei genovesi, convivono con rumori lievi o insopportabili, dal brusio ai camion che passano sotto casa giorno e notte.”
e il rumore continua…