I carbonai di Sampierdarena e la bella Carolina

Le premesse

Tutto iniziò nel 1903 durante la lotta elettorale a Sampierdarena che vide contrapposte la classe lavoratrice e la Borghesia. Il candidato dei lavoratori era Pietro Chiesa, un operaio verniciatore, quello della borghesia era il dottor G.B. Botteri. La maggioranza degli esercenti, osti, bottegai non si comportarono bene, o meglio, come scriveva due anni dopo il quotidiano “Il Lavoro”: porgevan la destra, nella lotta antisocialista, ai paolotti e ai monarchici. Infatti gli esercenti nelle scelta tra i due fronti ascoltarono coloro che fecero delle promesse vuote. I lavoratori invece, in quella campagna elettorale, non pregarono e non promisero nulla a nessuno, dissero soltanto queste parole: «O siete con noi, voi che vivete su nostri guadagni, voi che ingrassate sul lavoro nostro, o abbandoneremo le vostre botteghe». Vinse la Borghesia appoggiata dalla maggioranza degli esercenti e allora successe quello che i lavoratori avevano promesso: disertarono le loro botteghe, le loro bettole; si unirono e diedero vita al nuovo Caffè-Bottiglieria della Cooperativa “Avanti!”, acquistando in comune il vino necessario per loro e per le loro famiglie; anche nella Valle Polcevera si costituirono altri clubs con gli stessi scopi. I carbonai, da parte loro, si dimostrarono i più intraprendenti, costituendo prima a Campi e poi alla Coscia dei propri clubs. È proprio di questo che ora parleremo.

L’avventura iniziò in una osteria

Il 16 dicembre 1904 in una vecchia osteria in via Galata, di fronte al bivio di via Colombo, a Sampierdarena, iniziò l’avventura del Club dei Carbonai. Alcuni giorni dopo, il 21 dicembre, i settanta lavoratori, in maggioranza carbonai del Porto di Genova, firmarono tante azioni a fondo perduto di lire 5 delle quali ne versarono subito 2 e, con un mutuo di L. 1900 colla Cooperativa Alleanza “Avanti”, aprirono il Club. Arriviamo finalmente a domenica 4 giugno 1905, alle diciotto e trenta, si inaugura il Club, con la partecipazione del deputato dei carbonai: Pietro Chiesa. E come scrive, a fine articolo, il cronista del quotidiano Il Lavoro, tutto si svolgerà pacificamente… senz’odio alcuno né rancore verso gli osti e i bottegai, prima cagione di tanto lavoro! Settanta erano inizialmente i soci, poi centocinquanta, e nell’anno successivo duecento; e così, come salirono i soci, anche la vendita del vino non ne fu da meno. Trecento litri alla settimana nei primi tempi, per arrivare a circa 1.000 litri, sempre settimanalmente, nel 1905! Qui, nella sede del Club, ogni settimana i bravi amministratori, sempre dei carbonai, facevano i versamenti e nella sala attaccavano su di una bacheca il foglietto delle vendite, avendo sempre bene in mente i loro princìpi: gli imbrogli non sono possibili! Tanto meno poi, quelli cioè cari agli osti, le adulterazioni del vino!

Sul soffice arenile della spiaggia…

Dunque, tutto si svolse in modo pacifico, ma quella domenica ci pensò il tempo a creare un po’ di problemi. Ci fu infatti una burrasca, ma il cielo, verso le 17, si rischiarò e così la giornata tanto attesa ebbe inizio. Ma adesso sentiamo come si svolse l’inaugurazione dalle parole di chi la descrisse il giorno dopo. Agglomeramento d’operai, di donne del popolo dai chiassosi vestiti, di bambini giulivi, intorno al locale del Club “Fratellanza e Progresso”, poi più il là ci sono bandieruole e lampioncini alla veneziana e

… sul soffice arenile della spiaggia, sotto un’ampia tenda, i banchi della vendita e della lotteria e le tavole per i soci e gli invitati.

Tutto questo fu possibile grazie alla classe lavoratrice, con il contributo di tutte le forze del proletariato, compresi i carbonai, che hanno saputo mettere col loro Ristorante un piede sul Porto, e col Club un piede nella spiaggia. Ci furono anche concerti con la musica della banda di Rivarolo, passeggiate in barca, fotografie di gruppi, regate in mare, insomma una grande festa che si concluse a mezzanotte.

La Fratellanza

Nel 1908 il numero dei soci era sempre fermo a 200 iscritti e per parecchi anni dopo, la vendita del vino si attestò sui 60.000 litri annui. Da quando fu costituito, la prima parola che identificava questo Club, “la Fratellanza”, fu sempre nei pensieri dei soci, che dimostrarono così, con i fatti, il loro primo sentimento: concorrendo nelle spese per le lotte elettorali, come nel 1909 quando versarono L. 50 a favore dei partiti popolari; negli scioperi versando il loro obolo; aiutando i propri soci ammalati; contribuendo con somme generose alle opere dell’Ospedale, del Policlinico e della Congregazione di Carità. Sempre nel 1908 per esempio, i soci versarono a favore dei terremotati calabro-siculi trecento lire e otto di loro, per tre giorni, diedero una mano a far sbarcare, dalle navi giunte in porto, i feriti arrivati a Genova dalle zone colpite dal terremoto. Nell’elenco di gennaio 1909 delle somme versate per le vittime del terremoto il Club Fratellanza e Progresso fra Carbonai risulta con 300 lire di contributo. Domani (10 febbraio 1922) partirà da Genova per la Russia la spedizione di soccorso, organizzata dal Comitato pro Russia di Sampierdarena, per l’incarico del partito Socialista Italiano, imbarcata sull’Amilcare Cipriani della Cooperativa Garibaldi. Il Lavoro iniziava così l’articolo dove annunciava la partenza di generi alimentari e di vestiari, a cui contribuì anche il Club dei Carbonai. La spedizione era capitanata dal sindaco di Sampierdarena il dottore Peone Gandolfo che presiedeva anche l’organizzazione sanitaria.

 
Il piroscafo Amilcare Cipriani della “Cooperativa Garibaldi” in partenza per la Russia coi soccorsi del proletariato italiano agli affamati del Volga

L’inaugurazione della nuova sede di via Pietro Chiesa

Nel 1911 l’ingegnere Ettore Geri progettò la nuova sede del Club dei Carbonai e il Consorzio autonomo del Porto di Genova concesse il terreno, 275 metri quadrati, che corrisponde all’area dove sorge l’attuale sede del Club. L’edificio, costruito dalla Federazione delle Cooperative, costò 33.000 lire di cui 3.000 solo per l’arredamento. Il 21 luglio del 1912 ci fu l’inaugurazione della nuova sede di “una delle più simpatiche Associazioni operai cittadine”, così il Lavoro, il giorno dopo, scriveva a riguardo del Club “Fratellanza e Progresso” di Sampierdarena, che in quel giorno festeggiava anche il suo settimo anno dalla fondazione.

Il percorso del corteo del 21 luglio 1912, il giorno dell’inaugurazione della nuova sede

Quello stesso giorno dopo una riunione nel palazzo dell’istruzione, nell’allora piazza XX Settembre, verso le 16, partendo da quella piazza – che è l’attuale “piazza del Monastero” – iniziò il corteo che vide i rappresentanti delle Società democratiche, con i loro vessilli,  attraversare: via Cristoforo Colombo (via Sampierdarena), via Carlo Barabino (via Stefano Canzio), via Vittorio Emanuele (via G. Buranello) e piazza Bovio (piazza N. Barabino) giungendo, infine, alla sede del Club in via Galata (via Pietro Chiesa). Oratore per l’occasione fu Pietro Chiesa alla presenza di Gandolfo Peone, sindaco di Sampierdarena. La festa fu piena di attrattive: regate a remi, gare di nuoto fra i soci del Club, ruota della fortuna, albero della Cuccagna e fuochi artificiali a concludere la serata.

Fratellanza, solidarietà, e progresso

Sul giornale Il Lavoro del 1912 vennero riportati alcuni passaggi di ciò che il Consiglio d’Amministrazione del Club scrisse nell’opuscolo uscito in occasione del settimo anno di fondazione:

“Per l’avvenire non derogherà di una linea dal suo programma; svilupperà, anche a costo di sacrifici, la sua Azienda, si schiererà in tutte le lotte sia economiche che politiche dalla parte dei lavoratori: il suo carattere peculiarmente operaio che dovrà rimanere intatto, gliene fa stretto obbligo.

Infine, si ribadì che il Club continuerà a fare le sue feste annuali il cui frutto andrà devoluto alla beneficenza, curerà di sviluppare la cultura dei suoi soci, perfezionerà, intensificherà in una parola l’opera che ha svolto fin qui. Questa è la promessa, questo l’impegno che il Club si assume davanti ai rappresentanti delle Associazione operaie del Genovesato. Questo è l’esempio di forza e di tenacia che si volle dare a tutti i lavoratori, esempio di fratellanza, di solidarietà e di incessante progresso verso un avvenire migliore.”

“Un avvenire migliore”

Le feste che gli amici carbonai organizzarono per i diversi anniversari del loro Club, al giorno d’oggi potremo descriverle, ma non potremo più, ahimè, mettere un piede nella spiaggia. In un articolo di cronaca del 1909 a riguardo di un salvataggio per un pericolo di annegamento, presso i Bagni Stella di Sampierdarena, vicini al Club, si decanta la limpidezza delle acque e la vastità della spiaggia. In occasione del VI anniversario del Club 1.500 persone si riversarono su questa spiaggia, decorata di festoni, di bandiere con al centro un albero della cuccagna! Ancora nel giugno del 1922 il Club dei Carbonai, insieme ai Cantieri Navali, ai pescatori e ai diversi stabilimenti balneari di Sampierdarena (Liguria, Genova, Aurora, Roma, Colombo, Italia, Margherita e Rosa) si rivolsero al Consorzio Autonomo del Porto affinché fosse messa a termine l’aspirazione della arena. Una protesta necessaria perché a Sampierdarena, come scriveva l’articolista del Lavoro, viene a mancare ogni giorno la spiaggia necessaria ai loro fabbisogni. Fosse solo questo il problema, purtroppo, altre difficoltà incombono su questo club ultracentenario. L’affitto, le tasse, le spese di gestione, la mancanza di contributi e di aiuti da parte delle Amministrazioni e il numero dei soci che continua inesorabilmente a scendere, contribuiscono a rendere problematica l’esistenza del Club.

Una veduta aerea dell’area dove si trova la sede del Club

Adesso si spera, come sottolinea l’attuale presidente, il ragioniere Francesco Iannone e il vice presidente signor Luigi Trasino, che la solidarietà, sempre offerta dai componenti di questo club verso gli altri, possa in questo millennio, arrivare in loro aiuto per un avvenire migliore.

L’area esterna del Club dove sono situati i campi di bocce, oggi e in una foto storica

Oggi, mentre le auto scorrono veloci dietro alla sede del club, il tempo sembra essersi fermato, e come allora, i soci del Club passano il loro tempo giocando a bocce. All’interno del Club, nell’ampio salone, attorniati da coppe e trofei vinti nei tornei di bocce e di biliardo, ci sono alcuni tavoli da biliardo e diversi tavolini per giocare a carte.

Alcuni soci mentre giocano a bocce

Sulla parete di fondo c’è un quadro, dipinto in occasione del 90° anniversario, dal pittore sampierdarenese Giovanni Clerici dove è raffigurata l’attività dei carbonai. La nave rappresentata, come mi ha informato un socio, è la “Cor Jesu” una carboniera che navigava nella tratta Genova – Durban. Costruita nel 1903 era priva del corridoio questo per poter sfruttare a pieno il carico di carbone. Il locale dell’equipaggio, ahimè, si trovava nel locale che ospitava le catene dell’ancora, un locale malsano e sporco. La sua collocazione, quando diventava necessario trovare del nuovo personale, non aiutava certamente a trovare nuovi marinai per imbarcarsi su questa carboniera. Inoltre c’è anche Carolina che accoglie i visitatori, pronta a giocare con tutti coloro che desiderano cimentarsi con lei. Ma voi vi chiederete, chi è Carolina?

La Carolina

È bella, si regge bene su quattro gambe, malgrado l’età, ha un aspetto lucido ed è tutta di legno. Ecco a voi il “Giuoco d’abilità e pazienza denominata Carolina”. Si tratta dell’antenata del flipper, così chiamata dallo stato statunitense della Carolina da dove è stata importata. La sua origine sembra provenire dal Bagatelle, un gioco popolare al tempo di Luigi XIV, che in seguito, dalla Francia fu introdotto negli Stati Uniti. Questa Carolina venne donata al Club nel 1904 dal “Circolo per Lavoratori Sampierdarenesi di ambo i sessi”. Nel 1915, come si legge sul Il Lavoro, il Circolo Fratellanza e Amicizia, per dare un aiuto alle famiglie disagiate dei soci richiamati in guerra indisse una gara alla Carolina con ricchi premi. Sempre su questo quotidiano, l’anno seguente, abbiamo notizia che un’altra Carrolina era presente nell’Associazione Edmondo De Amicis a Cornigliano.

Il Presidente del Club dei Carbonai dà una dimostrazione di come si gioca con la Carolina

Nel racconto “Il Circolo Pickwick” di Charles Dickens c’è un capitolo dove si parla di alcuni personaggi che giocavano con l’antenata della Carolina: “…ingannavano il loro tempo principalmente con i divertimenti offerti dal Pavone, che erano limitati a una tavola da bagatelle al primo piano e un campo da birilli sequestrato nel cortile sul retro. Qui al Club dei Carbonai, come abbiamo visto, abbiamo diversi divertimenti: bocce, carte, biliardi, e ovviamente la Carolina, e con quest’ultimo gioco, poco conosciuto, si potrebbe organizzare un bel torneo per ingannare il tempo, iniziandoci alla scienza e alla finezza di questi svaghi che non sono molto più astrusi di quanto suppongano gli uomini comuni…

L’edifico del Club

La sede del Club dei Carbonai in via Pietro Chiesa, 14, di proprietà del Demanio pubblico dello Stato, è uno dei pochi esempi ancora originari di architettura liberty, pur mantenendo al suo interno alcune permanenze di gusto eclettico. Questo lo troviamo scritto nella relazione tecnico artistica che dichiara, l’edificio in questione, di interesse storico artistico particolarmente importante ai sensi dell’art 10 comma 1 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. La pavimentazione interna è originaria dell’epoca. Nell’atrio c’è uno stemma floreale con la scritta in latino “NOBIS ET AMICIS” e in alto sul muro una targa apposta il 25 settembre 1919 in memoria dei soci caduti nella prima guerra mondiale (Armando Pittaluga 26-9-1917 – Alberto Grosso 26-10-17 – Antonio Orengo 6-12-1917 – G.B. Robotti nov 1917 – Carlo Torriglia 9-10-1918).

Ma chi erano i carbonai?

Furono i lavoratori del carbone del nostro Porto – che in virtù delle giustissime e continuate agitazioni d’indole economica – iniziate nel 1900 e sostenute fino al 1903 richiamarono all’attenzione del Governo d’Italia e fecero sì che vedesse la luce la legge sul Consorzio Autonomo del Porto di Genova.

Basterebbero queste poche righe, scritte sul Lavoro del 1919, per far capire quando fossero importanti questi lavoratori. Nel luglio 1903, sempre grazie ai carbonai che nel giugno dello stesso anno imposero al Governo di emanare il regolamento della legge sul Consorzio del Porto, terminarono tutte le agitazioni contro la camorra di coloro che cercavano di sfruttare i lavoratori. Le lotte iniziali non furono semplici, quarantadue giorni di sciopero nel 1901 dal 10  giugno al 22 luglio per avere il diritto di un salario intero per quanto da loro effettivamente prestato, infatti si conclusero con la sconfitta dei lavoratori del carbone. Ma questa sconfitta ebbe un risvolto positivo in quanto, solo due mesi dopo, si stipulò il famoso contratto dei quindici mesi e da quest’ultimo il Governo si decise di mandare in vigore la legge sul Consorzio del Porto. Nel 1907 sorse la grande Cooperativa Sbarco Imbarco Carboni Minerali che riuscì ad ottenere il monopolio nel suo settore, forte di 2500 soci e 250.000 lire di capitale. Dalle ceneri di questa cooperativa in seguito sorsero altre Cooperative. Gli Scaricatori di Carbone, rimasero sempre i più ribelli di tutti quanti i lavoratori del porto.

I carbonai dentro e fuori dalla loro mensa

In occasione del primo maggio del 1907, alle 10,30 avvenne l’inaugurazione del nuovo Ristorante Cooperativo del Ponte Paleocapa, costruito con i sacrifici dei lavoratori del carbone. Parteciparono circa tremila lavoratori del carbone: facchini, scaricatori, caricatori, pesatori e ricevitori. Fu progettato dagli ingegneri Ballarelli e Biondi, aveva due ampissimi saloni, una cucina moderna, una cantina sotterranea e il locale doccie dove si potevano lavarsi oltre 1000 persone in mezz’ora. Il discorso inaugurale fu tenuto dal sindaco di Sanremo, Orazio Raimondo, ecco un breve e significativo stralcio: “Il ristorante che oggi inaugurate vi raduna qui uomini del carbone dai muscoli temprati e dagli ampi toraci che oggi ci permette lo spettacolo grandioso del porto silente, di questo porto in cui si affanna ogni giorno tanta parte della vita nazionale.” Un lavoro pericoloso, come tanti altri nell’ambito portuale, che creava parecchi infortuni e  molto spesso si doveva ricorrere alla stazione di prime cure della Cooperativa Emancipazione al ponte Paleocapa per effettuare delle medicazioni, addirittura dodici in uno stesso giorno.

Pietro Chiesa

In occasione della festa per l’ottavo anniversario l’on. Pietro Chiesa, come già fece nei precedenti anniversari, tiene un discorso. Vuole ricordare come i soci del Club tennero sempre fede, fin dall’inizio, a quello che c’è scritto nella loro bandiera: Fratellanza e Progresso. Ricorda inoltre i tempi passati quando i lavoratori del carbone era soli, senza una casa, una famiglia e senza istruzione; ora il progresso invece gli permette di aver un appartamento pulito e di frequentare la sede sociale con la ben fornita biblioteca. Questa festa come tutti gli anni attirava sempre una moltitudine di persone allietate dalla banda di Cornigliano Ligure e quella del Risorgimento. Quando nel dicembre del 1915 morì Pietro Chiesa, il vessillo dei Carbonai sventolava insieme ad tanti altri durante i funerali.

Lo stendardo originale del Club Fratellanza e Progresso fra Carbonai

Questa mia ricerca storica è iniziata mesi or sono, quando decisi di andare a vedere, e a conoscere la storia della sede o meglio del Club di coloro che contribuirono a fondare il quotidiano Il Lavoro, lo storico giornale dove iniziai la mia esperienza lavorativa. Tra il quotidiano e i lavoratori del carbone ci fu sempre un legame, come si può leggere in diversi articoli comparsi negli anni. Nel 1908, per esempio,  in occasione dei festeggiamenti dei cinque anni dalla fondazione del quotidiano Il Lavoro, nel pomeriggio amici del Lavoro e compagni si recarono sul battello “1 Maggio”, della Cooperativa Carbonai di Sampierdarena, a festeggiare il terzo anniversario del Club dei Carbonai. Adesso, come ultimo poligrafico ad andare in pensione (tra coloro che lavorarono nella storica sede del Lavoro) ho voluto raccogliere queste notizie per ricordare il mio quotidiano e i Carbonai.”

La vecchia collocazione del Club Fratellanza e Progresso fra Carbonai che si trovava a pochi metri dall’attuale sede
Un disegno, raffigurante un carbonaio, tratto da una pagina del quotidiano “Il Lavoro”

3 Risposte a “I carbonai di Sampierdarena e la bella Carolina”

  1. Ciao Marco. È bellissimo questo articolo-ricordo, mio cognato abitava alla Coscia e frequentava il circolo dei carbonai e soprattutto giocava alla Carolina. Mi permetterò di girarglielo, ne sarà felice. Complimenti, Lucia Clerici

  2. Più si avvicina l’età della vecchiaia più ci si volge al passato, chissà, forse per i genovesi come me emigrati, per un maggior senso di malinconia.
    Abitavo con nonni paterni e genitori in via Sampierdanera e mi ricordo della Carolina, probabilmente mio padre Nicola, mio zio Enrico o il grande nonno Angelo Scudeletti detto Scudella, mi ci portarono!
    Tutti lavoravano in porto, mentre mio bisnonno Enrico (si usava dare il nome del nonno al primo figlio) a fine ottocento emigrò da Ponte S. Pietro Bergamo per scaricare carbone dai velieri, così è stato tramandato…
    Complimenti per il lavoro!

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